Articolo GAZZETTA DI PARMA
Fra Parma e Roma, nell'anno di grazia 1790: domani la presentazione del volume |
Viaggio nell'Italia che fu |
Quali erano, alla fine del Settecento, le tappe formative di un giovane archeologo destinato a diventare il direttore di un importante museo di antichitý, quali i legami che univano un centro culturalmente assai vivace come era la Parma del duca don Ferdinando di Borbone con i pi˜ illustri esponenti della cultura antiquaria romana, i maggiori circoli letterari, i cenacoli artistici pi˜ all'avanguardia? Le "Giornate del viaggio in Italia" di Pietro De Lama, appena pubblicate da Anna Maria Riccomini (Edizioni ETS, Pisa), che accompagna l'edizione del testo con una pregevole introduzione e un ricco apparato di note di commento, permettono di cogliere con gli occhi di un attento ed erudito viaggiatore dell'epoca i tesori d'arte conservati nei palazzi e nelle Gallerie di Firenze, Roma e Napoli, di provare l'emozione delle nuove scoperte archeologiche, di assistere alle riunioni letterarie dell'Arcadia, di incontrare alcuni dei maestri del nuovo gusto neoclassico, come Angelica Kauffmann o Philpp Hackert, di partecipare alle dotte disquisizioni di antiquari del calibro di Ennio Quirino Visconti o SÈroux D'Agincourt. Gli interessi enciclopedici, di chiara matrice illuminista, del De Lama non trascurano neppure il sapere scientifico, spingendolo a visitare i Gabinetti e i Musei di storia naturale, a partire da quello celebre di Firenze, o ancora le raccolte private di conchiglie, fossili, rocce vulcaniche ed altre curiositý. Ma chi era Pietro De Lama? Ce lo racconta molto bene la Riccomini nella sua densa introduzione, che lumeggia prima le esperienze della formazione culturale del giovane archeologo, coronata proprio dal viaggio a Roma nel 1790-91, e poi la successiva, lunga carriera di direttore del museo di antichitý di Parma. Nato a Colorno in una famiglia che era giunta dalla Spagna al seguito dell'infante don Filippo, De Lama si formÚ nel fervido ambiente culturale che aveva tra i suoi protagonisti figure come quella di Paolo Maria Paciaudi, bibliotecario della Palatina, e del bussetano Ireneo AffÚ, nel clima di entusiasmo per l'antichitý classica accresciuto dalla recentissima scoperta e dagli scavi di Velleia. De Lama si specializzÚ nello studio delle monete antiche, divenendo ben presto un'autoritý in materia e l'insostituibile assistente del Paciaudi, cui succedette nel 1785 come direttore del museo, carica che mentenne fino alla morte nel 1825, distinguendosi sempre per l'attivismo nella cura e nell'accrescimento delle collezioni, oltre che per una serie di importanti contributi di carattere scientifico. Nel 1790 il giovane trentenne sente ormai come irrinunciabile l'esigenza di un viaggio di studio: ottenuto il permesso del Duca, parte il 26 novembre con diverse lettere di presentazione. Si tratterrý nell'Italia centrale, in particolare a Roma ma anche con un'importante soggiorno a Napoli, fino al 2 maggio dell'anno successivo. Giý direttore del museo da cinque anni, scopo essenziale di De Lama era riallacciare i legami con i principali antiquari dell'epoca e inoltre estendere le proprie conoscenze nel mondo dei collezionisti e dei mercanti di antichitý, cosÏ da ampliare, tramite scambi e acquisti, le raccolte del museo parmense. E' affascinante perciÚ seguirlo nei suoi molteplici incontri per cosÏ dire "di studio" (a Roma in particolare entra in intimitý con quella straordinaria figura di collezionista che Ë il cardinale Stefano Borgia, uno dei primi cultori dell'arte dell'antico Egitto), nelle puntigliose visite alle collezioni (in particolare a quelle numismatiche) e agli scavi, ma anche nei momenti di relax, nelle serate mondane e in quelle a teatro, o nelle trattative coi mercanti d'arte. Molti sono i "viaggi in Italia" che ben conosciamo, da quelli di letterati come Goethe o Stendhal, a quelli degli artisti, come il bel diario recentemente pubblicato dell'inglese Thomas Jones. Ognuno Ë caratterizzato da un modo a volte antitetico di guardare al bel paese. Quello di De Lama Ë certamente uno dei modi possibili di accostarsi all'Italia del tempo, caratterizzato da una profonda sensibilitý storica e da forti interessi eruditi. Ma il giovane archeologo parmigiano non ci consegna solo un interessante spaccato di vita delle "elites" culturali di fine Settecento, si interessa anche a tradizioni e costumi della vita popolare, ammira le bellezze del paesaggio, descrive i disagi e le disavventure di chi a quel tempo si metteva in viaggio. Il volume verrý presentato domani, alle 16,45, nella sede del Museo archeologico. Davide Gasparotto |