Concorso nazionale Penelopeia Variazioni sul tema della tessitrice
Si è concluso l'innovativo Bando
di concorso nazionale - Premio di poesia “Penelopeia.
Variazioni sul tema della tessitrice”, che ha stimolato un
buon numero di studenti delle scuole secondarie superiori d'Italia a proseguire
la storia lasciata in sospeso da Francesca Nenci al termine della sua opera:
Le dee scomparvero, d’un tratto,
silenziose.
I lavori
sono stati valutati dai seguenti giurati: Prof.ssa Francesca Nenci, autrice; Dott.ssa Sandra Borghini, editore; Prof. Michele Battaglino,
scrittore e poeta; Prof. Davide Caramella, direttore della
clinica radiologica di Pisa; Prof.ssa Rosanna Prato, presidentessa di AsteroideA; Prof. Marco Santagata, docente
di letteratura italiana Università di Pisa, scrittore, critico letterario;
Dott. Roberto Scarpa, scrittore-attore.
La Giuria si è espressa nel modo seguente:
1° premio: Marcos ROVINI (Liceo Classico «Carducci»,
Volterra);
2° premio: Annamaria DOGNINI (Liceo Classico «Arici», Brescia);
L'autrice ha selezionato un quarto elaborato scritto da Federica Vallazza (Liceo Classico «Arici»Brescia), che ha ritenuto degno di una menzione speciale.
I Premi consegnati ai vincitori sono stati offerti dalla Fondazione il Fiore e da Edizioni ETS
GIUDIZI SUI TRE
VINCITORI
(a cura
di FRANCESCA NENCI)
1° premio: Marcos ROVINI (Volterra)
Penelope sorrise
Il testo, ampio e costruito con cura, si
articola in tre parti; il titolo generale, rinvia, breviter, sia al finale di Penelopeia, sia a
quello che chiude l'elaborato di Rovini. Nella prima
parte del lavoro si distingue per icasticità il brano che occupa le tre strofe
iniziali, che potremmo definire un Notturno. La seconda parte è intitolata Il sogno, la terza Il risveglio. In ognuna di queste parti trovo interessante la costruzione della trama ed il frequente cambiamento del punto di vista: una
tecnica che in narratori come Henry James raggiunge la perfezione e che il
nostro studente mostra di conoscere e di farne un uso discreto ed efficace.
Nella prima parte del testo è dominante la figura di Ulisse, il racconto del
suo viaggio, la sua sete di conoscenza; si apprezzano poetici squarci di cieli
notturni e di paesaggi marini. Emergono nel contempo la solitudine di Penelope e la sua angoscia nei lunghi anni dell'attesa. Nella
seconda parte dominano immagini come grandi quadri: il «Sole narciso» dardeggiante, una
nave squarciata e un uomo, Ulisse, «scavato
dal sale» e chiamato «tessitore
d'inganni». Il punto di vista ora è cambiato ed è quello di Penelope che si
chiede se quello è l'uomo che amò, «marito traditore». Il racconto del viaggio
di Ulisse si snoda con ampi rinvii a Dante (Inferno XXVI, VIII cerchio, VIII bolgia). Emerge nell'eroe
stanchezza della vita e attesa della morte. Il punto di vista di nuovo cambia
nella terza parte (Il risveglio),
dove è Penelope che medita sulla sua sorte; si nota un breve riferimento alla
prima parte di «Penelopeia», quando l'eroina decide
di prendere il mare, gridando «libertà». Rovini però
tratteggia una Penelope in preda a malinconia e assalita dal pensiero della
morte, non solo sua e di Asteria, ma di tutti i mortali; teme anche che nessuno
dei posteri di lei serbi ricordo. Brusco il
cambiamento nell'ultima strofa che si chiude con un raffinato aprosdoketon: «un fiore schiudeva il suo candido calice./I petali bagnati
dalla luce del sole./Penelope lo colse e/sulle note
delicate di quel/morbido profumo,/sorrise, confondendo i sensi suoi».
2° premio:
Annamaria DOGNINI(Brescia)
Raffinatezza
e candore sono le caratteristiche fondamentali che pervadono tutto il lavoro di questa alunna ginnasiale. In uno stile semplice e
piano, Annamaria si sofferma e rielabora, e talora rovescia, i temi più significativi di Penelopeia. Il desiderio del ritorno a Itaca è, infatti, per
la sua Penelope un sentimento più forte della «fame di conoscenza» non saziata, ma che, rimasta fortemente radicata nel
suo cuore, assimila lei, regina, ma, in questa sua rivisitazione, soprattutto
donna, moglie e madre, al marito-eroe. Quindi, il desiderio del viaggio, cui la
spingono la brama di libertà e l'istinto di ribellione, sono assai meno forti dell'amore per Ulisse, per Asteria e per Asterione.
È infatti il tema del ritorno, del nostos che prevale e che pervade
Penelope: per lei la casa è il porto sicuro, che nel suo soliloquio le fa dire
«questa era la sua scelta di libertà». Ritengo tale affermazione una dolcissima
dichiarazione d'amore e, in tempi turbinosi e forieri di angoscia, una voce
forte, chiara, genuina, certo non ingenua, che invita alla speranza e genera
serenità. Si nota, a sottolineare il senso di
sacralità, l'uso dell'iniziale maiuscola in aggettivi e nomi che riguardano la
famiglia: v. 2 «la Sua casa», v. 13 «Madre e
Moglie» e nell'ultima pagina «Eroe»
e «Uomo». Il finale presenta un
inusitato Ulisse, che appare a Penelope, a prima vista, come una «sagoma»
irriconoscibile, per l'atteggiamento dimesso, umile, poiché è divenuto uomo da
eroe che era: si tratta di una metamorfosi congruente con la storia finora
narrata. Una bella storia direi, una continuazione di Penelopeia che, tolto il velame del mito, appare
vera; del resto Penelope ed Ulisse ed altri eroi ed eroine, in quanto archetipi
iscritti nel nostro immaginario collettivo, continueranno a vivere, finché ci
sarà qualcuno che li renderà protagonisti di una nuova storia. Anche in questa,
narrata da Anna Maria, ci sarà senza dubbio chi si riconoscerà in loro.
3° premio: Pietro GEUNA (Torino)
Senza
soluzione di continuità il lavoro di Pietro si collega al finale di Penelopeia, come
se già facesse parte integrante del testo a continuare la storia dell'eroina.
Dubbi ed ansie assalgono Penelope ed il suo sorriso
subito svanisce: del resto non è Ulisse che l'avvolge in un abbraccio d'amore,
ma sono i dubbi ed una grigia malinconia, che nello svolgimento della storia
diventa una compagna sempre più tetra: pochi ed illusori i lampi di luce che
accendono i suoi occhi e le sue guance.
Penelope
si pone domande a cui non sa, e non può, dare una
risposta, quindi si arrende, ormai certa che «Amore non ama l'Amato/ma se
stesso riflesso, puro concetto». Infine lei ed Ulisse
si ritroveranno, ormai vecchi, e ritorneranno insieme a Itaca «canuti e
abbracciati nella lentezza dei giorni/ in cui Proci e Ciclopi eran solo ricordi»; ormai «era morto l'amore, nient'altro
di meno». Il ritmo dell'ultimo versetto: «Da quel
giorno, non tessé più» suona inaspettato, sia perché metricamente tronco, sia
perché, lasciando, come si richiede nel Bando, ancora aperto il finale, stimola
il lettore a chiedersi quali mai saranno le altre avventure di una Penelope non
tessitrice.
L'Autrice
di Penelopeia ha sempre ritenuto, e nel leggere il lavoro di Pietro ancor di più ritiene, che
fare la parafrasi di una poesia sia distruggere la poesia stessa; spero di non averlo fatto. A mio giudizio i versetti di Pietro sono
pura poesia, con effetti musicali notevoli; prevalgono gli endecasillabi,
alcuni terminanti con parole tronche o monosillabiche (cercar, squarciò, già, svegliò, no, baciò). Ultimo, ma non ultimo, la sua
poesia è soffusa di filosofia, la sua filosofia.
MENZIONE SPECIALE DELL'AUTRICE
a Federica VALLAZZA (Brescia)
Il lavoro
di Federica si distingue per notevole lunghezza, poiché l'alunna aggiunge 12 parti (ca. 27 cartelle) al
poemetto Penelopeia.
Questo suo lavoro, forse anche per la particolare lunghezza, presenta tuttavia
una forma non sempre consona a quella dei versetti liberi (come richiede il
Bando) ed un lessico talora poco adeguato ad un genere
letterario poetico. Certo è che Federica si fa apprezzare sia per l'impegno
profuso e, ancora di più, per la sua fertile vena narrativa, per la sua
capacità di inventare storie ricche di colpi di scena
e, quindi, di peripezie. Il suo lavoro, inoltre, testimonia una lettura attenta
e scrupolosa del poemetto tanto che di esso, per una sorta di genuina aemulatio,
riprende temi e motivi con opportune variazioni.
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