
Avvertenza
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Se qualcuno dubitasse
ancora della complessità dei problemi che oggi la didattica deve
affrontare non avrebbe che da sfogliare questo volume, e leggerne anche
solo alcune voci. Si renderebbe conto di due cose: che la conoscenza didattica
è il risultato di un lungo cammino della ricerca e che per entrare
consapevolmente in tale campo della conoscenza occorre liberarsi da schematismi
fin troppo consolidati nel senso comune. Eppure, di didattica si parla
nei modi più disinvolti. Basta leggere i giornali per trovarsi
di fronte allesibizione di un sapere didattico frutto di pensieri
estemporanei. Dal momento che tutti, almeno come allievi, hanno avuto
esperienza della didattica, pochi resistono alla tentazione di impalcarsi
a maestri, proponendo o lasciando intravedere soluzioni più o meno
suggestive alle tante difficoltà che gli insegnanti si trovano
di continuo a dover affrontare. I più riflessivi cercano nei ricordi
di scuola argomenti a sostegno delle loro affermazioni, ma è frequente
trovarsi di fronte a prodotti di fantasia, il cui fine è palesemente
quello di stupire, perché mai chi si fa paladino di certe proposte
rischierebbe di praticarle in proprio. Il voler essere esibito con simili
proposte non reggerebbe, infatti, alla prova dei fatti, con le contraddizioni
che sono proprie dellinsegnare e dellapprendere nel mondo
contemporaneo.
Avviene dunque che attorno alla didattica si assista ad un gran parlare,
in cui ad argomenti sensati si affiancano pensieri in libertà.
Il risultato è una grande ambiguità, che investe lo stesso
linguaggio educativo. Accanto a parole ed espressioni tradizionali si
ritrovano parole ed espressioni nuove, assunte nel linguaggio comune tramite
prestiti da quello scientifico. Ma in entrambi i casi ci si trova di fronte
ad alterazioni di significato: le parole e le espressioni tradizionali
permangono senza che se ne sia rivisto il significato alla luce del mutare
dei quadri in cui si pratica leducazione, e quelle nuove sono assunte
per assonanza o per contiguità con repertori interpretativi consueti.
Può accadere perciò che una formulazione appaia innovativa
perché contiene elementi linguistici inconsueti, ma sia sostanzialmente
conservatrice, perché è stata operata una riduzione dei
significati al senso comune. Contenere lambiguità del linguaggio
della didattica è, per questa ragione, unesigenza che gli
insegnanti e i ricercatori più avvertiti considerano preliminare
per una corretta impostazione del loro lavoro.
Non è facile tuttavia procedere nella direzione indicata. Far corrispondere
una definizione alle voci di un lemmario è unoperazione che
suppone una certa stabilità dei riferimenti conoscitivi. Quando,
comè nel caso della didattica, ci si muove invece in spazi
indeterminati, nei quali le suggestioni affidate alle parole prevalgono
sui significati, occorre in primo luogo richiamare un corpus di conoscenze,
entro il quale debbono essere stabiliti i collegamenti opportuni, sul
piano diacronico per cogliere le variazioni intervenute per effetto
del mutare delle condizioni educative e degli apporti della ricerca
e, sul piano sincronico, per dar conto della varietà degli angoli
visuali che è necessario considerare per definire correttamente
un concetto. Ed è ciò che Leonardo Trisciuzzi ha fatto in
questo dizionario. Parole ed espressioni non sorgono dal nulla, ma si
radicano in teorie ed esperienze delle quali bisogna ricostruire il percorso
evolutivo. Daltra parte, la conoscenza didattica, pur configurandosi
come un terreno autonomo, raccoglie e conduce ad unità apporti
la cui origine va individuata in altri settori della ricerca, entro i
quali spesso continuano a svilupparsi in funzione di specifiche esigenze.
È il caso dei prestiti che alla didattica sono venuti e continuano
a venire dalle altre scienze umane (come la psicologia e la sociologia),
ma è anche il caso dei contributi che in tempi recenti sono venuti
dallanalisi scientifica dei processi organizzativi e decisionali
e dalle nuove tecnologie per larchiviazione, lelaborazione
e la comunicazione di dati e messaggi.
Da un dizionario di didattica ci si deve attendere un aiuto per rispondere
a tre domande, formulate a metà del Seicento da Johan Clauberg,
un filosofo cartesiano tedesco autore di unopera assai poco conosciuta
in Italia, ma che meriterebbe ben altra attenzione (Logica vetus et nova).
Scriveva Clauberg che occorre innanzi tutto essere consapevoli della cultura
che si trasferisce attraverso la didattica, e degli intenti che si perseguono
(quid sit tradendum et quo fine); si debbono conoscere le caratteristiche
di insegnanti ed allievi (quis traditurus, quis effecturus); bisogna,
infine, individuare le soluzioni più appropriate (quomodo tradere
conveniat). Lasciare senza risposta una qualunque di queste domande equivale
a cadere in una settorialità dalla quale non può derivare
una buona didattica: si scadrebbe, e non mancano gli esempi, in un chiacchiericcio
generico o nella raccolta di un campionario di soluzioni tecniche. Questo
libro sarà utile a chi voglia trovare risposte appropriate.
Benedetto Vertecchi
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