"Storia della memoria e storia della metafisica" rappresenta una sorta di classico, fino ad oggi sconosciuto. Raccoglie cinque lezioni pronunciate da Henri Bergson al Collège de France nel 1904, a suo tempo stenografate e da soli due anni riportate alla luce dopo un lungo oblio. Testimonianza ad oggi inedita, dunque, e per più motivi eccezionale, che per un verso consente di apprezzare, in presa diretta, la parola di un maestro che ha esercitato un durevole influsso su almeno due generazioni di filosofi, artisti, scienziati, scrittori; per altro verso offre il documento di un passaggio decisivo del percorso dell'autore del "Saggio sui dati immediati della coscienza" e di "Materia e memoria", che si riconferma, qui, pensatore in ogni senso contemporaneo. Bergson tratteggia in queste lezioni una radicale genealogia dell'idea di memoria: da Platone e Aristotele a Cartesio e Spinoza, all'Ottocento, al primo Novecento. L'enigma della memoria e la sua iscrizione nel quadro di quel sapere decisivo e familiare che è la psicologia, riemerge così, di volta in volta, al crocevia di ipotesi che danno la misura di una complessiva visione della natura, della verità filosofica, della conoscenza scientifica. Più nel profondo, infatti, Bergson propone un'originalissima interpretazione della storia della metafisica e delle scienze, giungendo sulla soglia di una domanda che investe integralmente il senso del cammino dell'umanità "tecnologica" occidentale: umanità che ha consegnato il proprio destino alla potenza di un dispositivo teorico i cui esiti oscillano tra un'insospettata fedeltà alle radici greche e un'ininterrotta rimessa in questione di quell'eredità.