Concepito nella Gallia meridionale intorno al 417, in un'epoca sconvolta dallo shock delle prime invasioni barbariche, il Carmen De providentia Dei cerca di fornire una risposta ai dubbi angosciosi, sollevati soprattutto dai profani, in merito al rapporto fra la Provvidenza divina e l'impegno dell'uomo nella conduzione di una vita pienamente cristiana. Tale riflessione esistenziale si intreccia nella composizione con quella teologica, fortemente condizionata dalle polemiche coeve fra Agostino di Ippona e il pelagianesimo relative all'esercizio della libertà umana dopo il peccato originale. L'autore, che, perciò, contrariamente al dato della tradizione, non può identificarsi con Prospero di Aquitania, fautore allora di un agostinismo spesso rigido, si adopera in un tentativo di conciliazione fra un umanesimo di marca filosofica, improntato ad una visione ottimistica e universalistica sul piano antropologico, e la dottrina agostiniana della storia della salvezza, incentrata sul peccato originale e sulla redenzione del Cristo. Sul piano formale il carme costituisce un'opera esemplare delle possibilità espressive della poesia latina tardo antica: l'intersezione, infatti, dei piani programmatici determina il carattere vario dell'opera, secondo un gusto della poikilía tipico dell'estetica del tempo.
Michele Cutino, professore di latino e greco presso il Liceo classico "Vittorio Emanuele II" di Palermo, già dottore di ricerca in "Filologia e cultura greco-latina" presso l'Università degli Studi di Palermo, ha conseguito recentemente l'Habilitation à diriger des recherches in Langues et littératures latines presso l'Université Paris 4 - Sorbonne. La sua produzione scientifica verte sulla Letteratura cristiana antica, in particolare su Ambrogio, su Agostino e sulla poesia latina cristiana.