Allievo di Ben Jonson, Richard Brome fu autore nel Seicento inglese di opere teatrali che a loro tempo riscossero un ampio successo di pubblico e di critica e che poi vennero gradualmente dimenticate o troppo frettolosamente ricordate nelle storie della letteratura. Questo volume intende trarre dall'oblio i principali testi teatrali di Brome, non solo per collocarli nella ornice della cultura seicentesca, ma anche per valutarli da un punto di vista strettamente artistico, in relazione alla struttura drammaturgica di cui si avvalgono e alla lingua di cui i singoli personaggi si dimostrano padroni. Si tratta, in particolare, di una lingua che ai registri alti preferisce i registri bassi, di una lingua che ha una cadenza prevalentemente colloquiale e che perciò ancora oggi suscita nel lettore e nello spettatore un interesse non meramente erudito. La realtà è quel che è, un misto di nobiltà e di miseria, di impulsi generosi e di gretti egoismi: da questa consapevolezza muovono le commedie di Brome, che hanno appunto il coraggio di mettere in evidenza, mediante argute e astute invenzioni sceniche, ciò che gli uomini cercano generalmente di nascondere, ossia le loro debolezze e quei desideri che sono connessi alla loro corporeità.