Il secondo libro di Tucidide copre i primi tre anni della Guerra del Peloponneso (431-429 a.C.), dall’attacco notturno dei Tebani a Platea fino alle folgoranti vittorie di Formione e alla spedizione del re trace Sitalce. Ma è Pericle a dominare a lungo la scena, con la sua azione, la rivoluzionaria strategia che sacrifica le campagne dell’Attica per affidarsi alla flotta e alle risorse finanziarie di Atene, e con la sua parola, che ascoltiamo nel celebre epitafio teso ad esaltare lo stile di vita ateniese e poi nell’ultimo discorso. Fra l’uno e l’altro, la descrizione della peste del 430 e dei suoi terribili effetti anche morali. Questo volume, che presenta un testo con apparato e una nuova traduzione, si apre con un saggio introduttivo che, partendo dal ritratto tucidideo di Pericle, arriva a toccare alcuni temi di fondo dell’opera. Il commento intende in primo luogo offrire un’approfondita discussione dei problemi storici e storiografici, ma non rinuncia a fornire l’ausilio esegetico necessario per farsi strada nelle difficoltà del dettato tucidideo.