Che rapporto esiste tra scienza e fede? È possibile una teologia "scientifica", che faccia propri gli strumenti della critica più avanzata senza rinnegare i dogmi su cui essa stessa si fonda? Come è possibile pensare, e praticare, la fede religiosa in un mondo secolarizzato e a-teo? Queste domande, di forte attualità ancora oggi, accompagnano in realtà il farsi della coscienza moderna almeno negli ultimi due secoli. Il saggio indaga con rigore filologico, attenzione per i contesti storici e una non comune sensibilità per i grandi temi filosofici e culturali, le risposte che ad esse tentò di offrire Franz Overbeck, figura volontariamente marginale del panorama teologico ottocentesco, grande amico di Nietzsche, con cui condivise la lotta contro il fariseismo della cultura guglielmina. Overbeck, di fronte al trionfo della conciliazione tra fede e scienza che caratterizzava la cultura teologica protestante nell'ultimo trentennio dell’Ottocento, affermò la radicale opposizione tra religione e cultura nel mondo contemporaneo. Una irriducibilità sostenuta facendo giocare contro le sicurezze dell’epoca proprio una delle sue conquiste e dei suoi vanti, la coscienza storica. La sua consapevolezza nel testimoniare la crisi della coscienza europea e nel far emergere in tutta la sua forza la frattura tra fede religiosa e conoscenza storica ne fecero una figura emblematica per pensatori come Karl Barth, Martin Heidegger e Karl Löwith, per i quali Overbeck non era solo un testimone della crisi ma sapeva di esserlo e di vivere in se stesso tutte le contraddizioni dello spirito del suo tempo.