I Greci ebbero di se stessi un’immagine ‘a tutto tondo’, percepirono cioè la propria identità in modo così forte da annullare le specificità di quelle degli altri popoli, relegati nell’indistinto termine di ‘barbari’. Il giudizio di valore più duro toccò alle loro lingue, giudicate irrazionali, incomprensibili, vicine agli informi suoni emessi dagli animali. Gli alloglotti si muovono, dunque, nelle fonti greche oscillando fra il disprezzo e l’indifferenza. Eppure, sporadicamente, qualche barlume di curiosità nei loro confronti emerge e diventa interessante coglierne la portata e il significato. Seguendo un percorso di indagine diacronico, che va da Omero a Senofonte, passando attraverso i versi licenziosi di Ipponatte, le passioni dei tragici, le riflessioni degli storici e la comicità di Aristofane, questo lavoro persegue l’obiettivo di dare risposta ai molti interrogativi legati al rapporto linguistico fra Greci e barbari, che per la sua peculiari.