L’idea stessa di ricerca muove sempre l’artista, che dovrebbe percepirsi, appunto, come ricercatore. Questa raccolta di articoli dei partecipanti al WARM (Workshop di ricerca artistica in musica), condotto da alcuni anni dai conservatori di Milano e Firenze e dall’Orpheus Instituut di Gent, rappresenta un importante traguardo dal doppio valore: da una parte l’incontro con una nuova attitudine e una nuova disposizione di fronte al fare artistico, fatta di nuove consapevolezze e di nuove capacità di interazione, scambio e disseminazione; dall’altra l’esercizio concreto quanto complesso di “verbalizzare” le urgenze spesso latenti o inespresse della stessa attività, sia essa di scrittura che di interpretazione. Il ricercatore artistico deve per prima cosa accettare una legge molto semplice quanto severa: un principio di incompiutezza, di relativismo, di appagamento solo sfiorato. Gli artisti-ricercatori hanno un perpetuo bisogno di rifondarsi, di inventare e svelare prospettive.
Il lavoro svolto con i partecipanti a questo workshop si è quindi fortemente orientato verso una definizione, la più chiara e “pulita” possibile, della domanda di ricerca, del quesito che diventa in sé metodo. La ricerca ci impone di pensare diversamente, di ripartire in modo diverso, di riorganizzare il pensiero e il quesito è in questo senso il dispositivo più formidabile.
Negli ultimi venti anni le riflessioni su che cosa dovesse e potesse essere la ricerca artistica, versus ricerca scientifica, hanno animato intellettuali, artisti, didatti di tutto il mondo. Probabilmente non si è arrivati a delinearne esattamente e in maniera univoca e condivisa il profilo. Di certo si è avviato un nuovo corso: conservatori, università e accademie di tutto il mondo hanno attivato percorsi di ricerca e di dottorato spesso del tutto innovativi proprio nel rapporto con la pratica del fare musica.
Con il progetto WARM si è cercato di contribuire a questa riflessione ponendo le basi per un nuovo “senso comune” sugli studi musicali e sul rapporto con le diverse branche dell’attività artistica. Senso comunque che si identificherà, negli auspici dei promotori, con un habitat favorevole anche all’attivazione del terzo ciclo dottorale previsto già più di venti anni fa dalla legge di riforma.
Gabriele Manca è un compositore e docente di composizione al conservatorio di Milano. Ha studiato pianoforte con Bruno Canino e composizione con Giacomo Manzoni. Nel 2000 ha ottenuto la Japan Foundation Uchida Fellowship grazie alla quale si è occupato di Teatro Noh presso la Toho Gakuen University.
La sua musica è stata eseguita nelle più importanti rassegne e festival di nuova musica. Dal 2006 al 2013 è stato profesor visitante presso la Pontificia Universidad Católica di Santiago del Cile e dal 2015 presso il CENART di Città del Messico.
Dal 2013 è delegato alle attività di ricerca del conservatorio di Milano.