Tra eclettismi e déco, barocchismi e Novecento, scorre una storia che vede coinvolti, “in luogo di mare”, Giovanni Michelucci e Raffaello Brizzi, Aurelio Cetica e Pietro Porcinai, Alfredo Belluomini e Federigo Severini, e che, toccando Firenze, Lucca, Pisa, disegna un litorale che, da Massa a Livorno, si dipana in modernismi (e repêchages) sulla cui effettiva qualità di proposte e di idee ancora molto è da dire. Ma insieme, quella stessa storia passa per Primo Conti e Filippo De Pisis, Pirandello e Leonida Répaci, Lorenzo Viani e Moses Levy, i giovani Mario Marcucci e Renato Santini. Invitando, quindi, a ulteriori riflessioni sul rapporto che lega la progettazione architettonica alla coscienza di un paesaggio e della sua identità; basterebbe pensare alle articolazioni spaziali delle spiagge di Moses Levy per avere una immediata, convincente risposta, oppure riandare alle “estati incantate” del Forte per capire come il tema sia di portata davvero più ampia in una Versilia in grado di ispirare e riflettere motivi fondanti la cultura del nostro Novecento. Il problema di fondo, insomma, è che valore e significato dare oggi alla costruzione di una “città moderna” e, più in generale, ad una modernità che intende la città come laboratorio di ricerche e sperimentazioni non solo architettoniche e urbanistiche. Viareggio ha coniugato queste anime declinandole in contesti che dall’aristocratico arrivano sino al nazional-popolare, unendo intellettuali a vageri, il Gran Caffè Margherita al Carnevale, Belluomini a Viani, Chini a Bonetti. È la storia di una scommessa, da rileggere con estrema attenzione e consapevole partecipazione. Alessandro Tosi