La casa unifamiliare è tra i temi fondanti della cultura architettonica del ‘900 che tutti i grandi maestri e teorici hanno affrontato, indagando il significato più profondo del fare architettura: la casa è un cordone ombelicale attraverso cui l’architetto nutre e anatomizza la società in cui opera, subendone gli effetti e coordinandone i cambiamenti.
Ogni casa è un luogo diverso: quella giapponese che racconta Pippo Ciorra, come «luogo della resistenza dell’identità individuale all’interno del sistema sociale», è la conquista di uno spazio intimo e spontaneo, di «apparente anarchia spaziale». Quando il «funzionalismo psicologico» viene meno, diventa proiezione verso l’esterno per rielaborare quotidianamente il nostro posto nel mondo.
Essa è unità minima della città che coincide coi suoi punti di inizio e di fine, specchio e riflesso dell’ambiente urbano, capace di dettarne le regole di assemblaggio e introiettarne le conseguenze. «Domestico e Paesaggio si legano attraverso una ri-lettura di dispositivi spaziali che hanno definito e definiscono tutt’ora soluzioni progettuali valide del nostro abitare» riportano i Filoferro attraverso l’analisi di una recente esperienza di reenactment.
Il 2020 sposta l’interesse dalla ricerca sullo spazio urbano all’ambiente domestico, abbattendo la presunta dicotomia tra spazio pubblico e privato. Dentro un unico involucro abbiamo ricreato un microcosmo minuzioso fatto di spazi ritrovati e di quelli resi necessari. Flessibile e dilatabile, lo spazio domestico diventa un frammento di città, il luogo parallelo delle relazioni sociali, della scoperta di nuovi ritmi e abitudini.
Negli ultimi sei anni, il tema della casa è stato oggetto di esercizio dei laboratori di progettazione per i miei studenti e le esperienze della Casa Abitata hanno costituito la base dell’indagine progettuale scaturita.
La didattica non può prescindere dall’approfondimento teorico attraverso il dialogo con la contemporaneità, la critica al moderno, la cultura tecnica del costruire e della rappresentazione. Lo studio del territorio e dell’abitare in rapporto con la città fornisce agli studenti gli strumenti necessari all’analisi delle questioni compositive. Portatori di nuovi vincoli, regole e direzioni, che non si limitano ad azioni interne all’ambiente domestico ma in riflessioni sul contesto, i progetti su perimetri di città sono interventi di ricucitura che ritrovano punti di contatto, nuove strategie e occasioni urbane. Lo insegna la cellula minima sviluppata da Leonardo Savioli: un modulo giustapponibile, ibridato dall’azione di chi attraversa lo spazio domestico e la cui ripetizione su una matrice ordinata formula l’ipotesi di una struttura urbana che conduce ad una città dentro la casa e ad una casa dentro la città. Un discorso attuale che rende la casa un contenitore flessibile e costituisce condizione necessaria per affrontare la ricerca sulle forme dell’abitare contemporaneo.
Gli otto libri nati dagli anni di laboratorio culminano in un progetto editoriale che si configura come il nono numero conclusivo di tali riflessioni con cui inauguriamo una nuova e attuale casa abitata in Largo Duomo.