Quotidianamente attraversiamo porzioni di città guidati dalle nostre urbane vicissitudini. Creiamo percorsi dove la memoria visiva ci conduce sicuri verso ogni nostra quotidiana destinazione. Itinerari che, se guardati da una distanza diversa, perimetrano e attraversano come un filo rosso i nostri paesaggi. All’interno di queste traiettorie ci sono degli edifici che orientano il nostro andare. Capaci di smarcarsi dal formato cartolina delle nostre città. Presenze anonime ed inosservate a cui, in qualche modo e per qualche ragione, ci affezioniamo. Sono per lo più case. Edifici concepiti per abitare e per stare dentro, ma che viviamo da fuori cercando di immaginare le vite di altri che scorrono e si lasciano intravedere come ingranaggi. È su questa percezione esterna che ci interessa, anche, indagare osservando le dinamiche che legano le nostre vite, la città quindi, a queste architetture. Molti di questi edifici hanno forza, dignità espressiva e portanza che la città ha fagocitato nel tempo rendendoli parte di un tutto. Una corrispondenza, tra singolo manufatto non replicabile e tessuto urbano.
Adesso vogliamo soffermarci, come in un film, su alcuni di loro, restituendo attenzione all’arte del costruire. Il tema della palazzina è anche un pretesto per dissertare sulle necessità della società ed interrogarsi su ciò che è cambiato e su quali saranno le prospettive prossime. Vogliamo inoltre sottoporci delle domande circa tutte quelle istanze esterne che sviscerano domande, caricando l’architettura (manifestazione concreta dell’attività umana) di nuovi valori e visioni.
Se il nostro tempo sembra sussurraci, ma a gran voce, che la palazzina è morta. Noi affermiamo, ancora, che le palazzine ci rinvigoriscono, realizzano e concretizzano la città: tanto quanto un edificio pubblico, tanto più di un qualsiasi monumento.