Il lapsus freudiano, in cui Sebastiano Timpanaro ha sfidato la psicoanalisi con le armi della filologia, della scienza e della critica dell'ideologia, riscosse un grande successo soprattutto all'estero dove accese un vivo interesse tra filosofi, letterati, storici "revisionisti" della psicoanalisi e psicoanalisti. In Italia, quell'importante libro, verso il quale ci fu una vera e propria "congiura del silenzio" da parte degli addetti ai lavori, è giudicato oggi da Giovanni Jervis "forse il più importante contributo italiano agli studi freudiani internazionali".
La "fobìa romana" approfondisce e allarga i temi di quel primo confronto. Pubblicata per la prima volta nel '92, viene qui riproposta con una documentata ricostruzione storico-critica dell'intero cimento di Timpanaro con la psicoanalisi, e arrichita del saggio Più freudiani di Freud? da lui lasciato inedito. Accanto all’avvincente interpretazione della "fobìa romana" di Freud e a una appassionata rilettura dei suoi ultimi scritti metodologici, l'autore propone anche un inedito raffronto tra Freud e la teoria del lapsus del linguista e etnologo Rudolf Meringer. Ma soprattutto offre, con rara penetrazione e finezza stilistica, uno spaccato della cultura italiana di quegli anni, insieme a un'accorata difesa, profondamente etica, di una ragione "illuminista".