Freud afferma che l’uomo ha barattato un po’ di felicità per un po’ di sicurezza. All’infelicità quotidiana preferisce la miseria nevrotica che normalmente coltiva nel tentativo di nascondere la propria incompletezza e incoerenza. A che cosa lo portano i tentativi di rendersi meno precario in un contesto sempre più regolarizzato dalla normalizzazione della persona? La psicanalisi pensa la precarietà come uno spazio fecondo che può inaugurare un cambio di passo. Non pretende di agire per la salvezza del soggetto ma per una sua radicale trasformazione. Lo psicanalista è un testimone di ciò che a nostra insaputa parla in noi e per noi, dato che la sofferenza che ci affligge ci dà la possibilità di poter comprendere. Occorre tornare a prendersi cura della domanda, e, lasciando che l’inconscio diventi guida, aprirsi alla meraviglia del ritrovamento di qualcosa che amiamo ma non per conservare o tesaurizzare. La psicanalisi è scienza aperta allo stupore.
Simone Berti. Psicanalista, lavora dal 1989 a Firenze. Svolge la sua formazione con Aldo Rescio presso la Scuola Psicanalitica Freudiana che contribuisce a dirigere fino al 2000 quando costituisce con Giuliana Bertelloni e Pier Giorgio Curti il Laboratorio di Ricerca Freudiana di cui è Presidente. Nel 2010 è tra i fondatori del gruppo clinico sul Tratto del caso Inconscio a Firenze e nel 2012 del gruppo Libertà e psicanalisi. Ha co-diretto la collana Percorsi di psicanalisi per le Edizioni ETS di Pisa. Tra le pubblicazioni che ha curato Il disordine della famiglia (2006), Identità precarie (2009) e Il corpo e la parola (2010).