Ai primordi di un Settecento siciliano ancora vibrante di note barocche, Il Disinganno dei Principi di Pietro Mancuso (1703) riprende la storia moscovita del falso Demetrio – che già aveva ispirato Lope de Vega – per presentare la «volubile scena» delle ambizioni umane, brulicante di maschere ingannevoli e segnata da inattesi capovolgimenti di fortuna. Seguendo l’esempio del melodramma e del teatro spagnolo, anche in Sicilia la tragedia si apre così alle ragioni dello spettacolo e a una pirotecnica mescolanza di codici. Dal patetismo funebre alle tenerezze pastorali, dal graffio della satira agli eccessi del dialetto: tutti gli strumenti scenici e verbali vengono profusi in un estremo, sgargiante resoconto della teatralità barocca, prima che il Settecento regolatore riporti il «genere perfettissimo» all’austera purezza del decoro classico.
DAVIDE BELLINI è dottore di ricerca presso l’Università di Palermo. Fra i suoi interessi di ricerca rientrano il teatro barocco, la letteratura verista (Capuana), il primo Novecento. Per i tipi di Ets ha pubblicato Dalla tragedia all’enciclopedia. Le poetiche e la biblioteca di Savinio (2013). Ha collaborato a periodici specialistici come «Strumenti critici», «Annali d’Italianistica» e «Critica Letteraria».
MICHELA SACCO MESSINEO è ordinario di Letteratura Italiana presso l’Università di Palermo. Si è occupata prevalentemente di autori e temi del Cinque-Seicento (Machiavelli, Boccalini, drammaturgia barocca) e dell’Otto-Novecento (Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello, Savarese, Tomasi di Lampedusa).