La scabra narrativa di J.M. Coetzee (Premio Nobel 2003) č attraversata da parte a parte da una preoccupazione costante per la questione del Male, al punto che č possibile ravvisare in ciascuno dei suoi romanzi una figura paradigmatica del negativo, a partire dal male fisico (inferto e sofferto) per passare a quello morale e poi teologico-metafisico. Tuttavia l'interrogazione sul Male si sposta e si trasforma in un'inchiesta sulla scrittura, per la quale "dire il Male" rappresenta una tentazione e una sfida: il suo Male, appunto. Di qui tutta una serie di misure per assicurarsi il controllo della scena del Male, per garantirsene la strumentalitā, per cambiare di segno contenuti potenzialmente offensivi, misure di cui Coetzee esamina il vano affastellarsi, anche nella sua propria produzione, fino alla sconcertante decisione finale di ritirarsi dalla competizione. Il saggio di Fiorella intende ricostruire il percorso, non cronologico, di questo travaglio spirituale, di questa lucidissima autocoscienza, mettendone in luce passaggi teorici ed esiti letterari.