Nulla dies sine linea � il celebre detto attribuito ad Apelle, come risposta alle domande rivoltegli dai suoi discepoli sui segreti dell�esercizio della sua arte pittorica. In senso pi� ampio richiama l�intreccio fra l�iconografia e la letteratura, rapporto implicante un fitto scambio, e ricambio, fra le rispettive tecniche creative che ritroviamo come segno inequivocabile nell�opera barocca di Francisco de Quevedo.
Attraverso lo studio di un piccolo corpus di trattati cinque-seicenteschi sulle arti figurative, il libro offre l�opportunit� di mettere in relazione alcuni topici contenuti nei trattati � in special modo l�emulazione-sfida tra artefice e poeta, il living portrait, l�imitazione perfetta della natura � con una parte della produzione quevediana, espressione del connubio tra pluma e pincel. Passando in rassegna la prosa di Quevedo (con particolare attenzione al Busc�n e ai Sue�os) e tutta la sua poesia sar� dunque possibile delineare una prospettiva di lettura che, complice dei rimandi diretti e indiretti al mondo delle arti figurative, avr� come fulcro il motivo del ritratto, inteso dalle pi� diverse sfaccettature. Un approccio interpretativo grazie al quale risulter� inscindibile l�invenzione verbale dalla rappresentazione visiva.