C'è stato un momento, poco dopo l'Unità, nel quale lo Stato italiano oppresso da difficoltà finanziarie decise di vendere molti dei propri beni, compresi quelli provenienti dagli ordini religiosi appena soppressi. Così chiese, conventi, quadri, altari, statue, oreficerie, paramenti vennero dal Ministero delle finanze immessi sul mercato e ceduti al miglior offerente. Una politica qui ripercorsa attraverso la vicenda della chiesa pisana di San Torpè, nella convinzione che non si dovrebbero più vedere la storia e l'arte in un avviso d’asta, e sentir parlare di "valore veramente monumentale" e di "interesse del demanio". Purtroppo, non è così.