L’insoddisfazione per la modernità, come istanza radicale di autonomia e tentativo di un nuovo inizio, libero dai vincoli della tradizione classica e biblica, è la protagonista di questo saggio classico di Robert B. Pippin. Un’insofferenza intellettuale e morale che si manifesta a più livelli nella cultura continentale: nel romanzo di Proust, Dostoevskij, Flaubert, nella poesia di Baudelaire, nei dipinti di Manet, ma soprattutto nella filosofia tedesca. In particolare Pippin si misura in un vero e proprio corpo a corpo con due grandi critici del moderno, Nietzsche e Heidegger, che hanno dato voce in maniera insuperabile allo scetticismo nei confronti dell’autocompiacimento trionfalistico dello spirito modernista. Infine, dal confronto serrato con i principali autori della corrente postmoderna, emerge che, in fondo, la migliore difesa della sola autonomia possibile – fatta di pratiche sociali storiche e fallibili – resta quella offerta dai grandi classici: Kant ed Hegel.
Robert B. Pippin (1948) è un filosofo americano, allievo di Stanley Rosen, noto per i suoi studi fondamentali sulla filosofia tedesca (Kant, Hegel, Nietzsche), sulla Scuola di Francoforte e sul cinema. È autore di numerosi libri, tra cui Hegel’s Idealism: The Satisfactions of Self-Consciousness (1989), Hegel’s Practical Philosophy: Rational Agency as Ethical Life (2008), Sull’autocoscienza in Hegel. Desiderio e morte nella fenomenologia dello spirito (2014).