Se la modernità del linguaggio
musicale di Giacomo Puccini non è ormai messa in discussione, la critica ha però sistematicamente trascurato l’indagine sulla cultura e sul pensiero del compositore lucchese,
evidentemente incapaci di stare
al passo con il livello delle sue
combinazioni sonore.
Il lavoro di Michele Bianchi
tenta di rendere giustizia ad una personalità che, abilissima
nel dissimulare, è da indagare non solo a livello biografico. È la prima volta che la poetica, ossia
la riflessione dell’artista sul significato e sugli scopi del suo operare,
viene ritenuta degna di un’analisi
articolata sulla base delle
innumerevoli lettere pubblicate
e dei libretti di cui Puccini risulta inflessibile coautore. Si tratta quindi di una poetica perlopiù ‘esplicita’,
essendo il compositore in prima
persona ad esporre i propri
convincimenti.
Si scopre così un artista
intellettualmente molto smaliziato, dotato di ferrei convincimenti
ancorati alla cultura del passato
e del suo tempo. Spaziando
nelle più svariate branche dell’arte
e del sapere, risalta la complessità
di problematiche dotate ancora
di attualità.