La Grotta San Giuseppe è una delle cavità naturali utilizzate a scopo sepolcrale durante l’eneolitico nella regione toscana: vi furono seppelliti, verso la fine del III millennio a.C., almeno 90 individui con ricchi corredi di vasi, cuspidi in selce e diaspro, e alcuni manufatti in rame (lame di pugnale, lesine). La tipologia dei vasi fa rientrare tutto il complesso nell’ambito della cultura di Rinaldone, cui si ricollega soprattutto per la presenza cospicua di fiaschi e di vasi ellissoidali e biconici, decorati con bugne e segmenti di cordoni lisci. Alcuni caratteri particolari, quali le basi piatte e la presenza delle decorazioni plastiche portano a confrontare il gruppo della San Giuseppe con altri complessi databili appunto alla fine del III millennio. Un elemento che differenzia invece questo complesso è la presenza, piuttosto abbondante, di ciotole carenate e di tazze con alta ansa a nastro sormontata da appendice a bottone, per cui sono riscontrabili analogie in contesti ormai alle soglie dell’età del bronzo. I manufatti metallici rientrano anch’essi nell’ambito rinaldoniano, soprattutto i pugnali a codolo del tipo Guardistallo e così pure le cuspidi di freccia di accurata fattura. A tale ricchezza documentaria non fa però riscontro, purtroppo, una situazione che permetta di ricostruire la composizione di corredi; ciononostante è stato possibile individuare un complesso funerario totalmente omogeneo e dotato di una particolare ricchezza di vasellame: è probabile che si trattasse di un gruppo di genti collegabili ai rinaldoniani della terraferma e stanziate all’Elba per attività di sfruttamento delle risorse minerarie relative al rame, presente proprio nella zona di Rio Marina. Le analisi antropologiche, paleopatologiche e paleonutrizionali indicano la presenza di gruppi indigeni in cui lieve è l’apporto allogeno dalla sfera meridionale del Gaudo. Le faune rinvenute in gran quantità nel deposito, sembrano essere piuttosto riferibili a momenti successivi di frequentazione della grotta, durante l’età del bronzo. Giuliano Cremonesi (1939-1992) è stato prima Professore incaricato di Paletnologia presso l’Università di Lecce e poi Professore Ordinario di Paletnologia presso l’Università di Pisa, dove gli è stato conferito l’Ordine del Cherubino. Ha condotto ricerche e scavi in Abruzzo, Puglia, Basilicata, Toscana, Carso Triestino, studiando le problematiche del mesolitico e del neolitico, senza tuttavia trascurare il paleolitico e l’età dei metalli e portando contributi fondamentali alla conoscenza delle culture preistoriche italiane. Renata Grifoni Cremonesi è Professore Associato di Paletnologia presso l’Università di Pisa. Le sue ricerche, dopo i primi studi sul paleolitico, si sono indirizzate verso i problemi del neolitico dell’Italia centro meridionale e verso quelli relativi all’eneolitico, con particolare riguardo alla regione toscana. Un altro campo di ricerca riguarda gli aspetti cultuali e funerari dal paleolitico all’età dei metalli. Ha condotto numerosi scavi in Abruzzo e Toscana e collaborato a quelli diretti da G. Cremonesi in Puglia e Basilicata.