È stato imputato alla «Scienza della Logica» di Hegel di essere una teoria falsa, in quanto conterrebbe anche i principi della propria confutazione, dunque si saprebbe e si
vorrebbe inconfutabile. Ma nessun atteggiamento di questo tipo potrà mai essere una sua
interpretazione: la WL non è infatti una teoria, ma un’ontologia, dunque non può non pensarsi inconfutabile, non può non obbligarsi alla propria assolutezza. Quell’imputazione
la conferma definitivamente proprio nell’atto di accusarla, perché la categorizza, le fornisce ulteriore energia dialettica. Instaurare un dialogo con un sistema di questo tipo significa invece, almeno momentaneamente, imitarne le strutture, farsi uno con esse, e chiedersi della
possibilità di un ritorno da esse. Solo una risposta positiva, solo un’esperienza in grado di dar senso a quel ritorno e a quella ripetizione può svelare se davvero una differenza da quelle strutture è possibile; una differenza che potrà reclamarsi e ostinarsi a non
coincidere con esse, proprio in quanto v’è stato un tempo
in cui vi ha coinciso. Oggetto di questo libro è l’analisi di questo passato, del rischio che esso
sia ancora presente, o che quella risposta sia negativa, proprio quando e perché il pensare se ne ritiene definitivamente dispensato.
Interpretare la «Scienza della Logica» significa, per questo libro, tentare di ritornarne differente.