«La musica non deve ornare. Deve essere vera». Questa affermazione di Schönberg citata da Adorno costituisce l’assunto di partenza del presente studio che – da una prospettiva letteraria – osserva le modalità con cui la musica, dopo secoli di asservimento alle arti mimetiche, si fa modello formale ed epistemologico della scrittura poetica. Spazio metaforico della littérarité in cui la causa permane nell’effetto, il pensiero musicale, simbolo ripiegato, non consumato ed iridescente (secondo le formule di B. de Schloezer e S. Langer), esemplifica la nuova modalità ‘passiva’ di costituzione del senso, che si sprigiona «musicalement» dalla stessa debolezza o impotenza creativa dell’auctor. Procedendo a contrario – ovvero prendendo in esame le modalità con cui tale pensiero si manifesta nei poeti più amati dai musicisti contemporanei – si rileva che la poesia, cattedrale in perpetuo crollo, ravvisa nella musica la sua stessa modernità; in seguito all’irruzione di una liquida temporalità che inghiotte le forme, il testo non potrà che riemergere in frammenti.