Sono nato a Livorno il 5 ottobre del 1960 e sono cresciuto nel Bronx livornese in una famiglia di operai, nel quartiere Shangai. La rima non è in dubbio. La casa era molto piccola e con i miei due fratelli ho condiviso una stanza, qualche speranza e molti sogni.
Il mio primo viaggio letterario l’ho fatto in compagnia di Marcovaldo assaporando i suoi funghi in città. Bukowski è venuto molto dopo ed è stato devastante. È venuto dopo il primo joint e dopo il primo bacio d’amore. Il gioco di azzardo è venuto a ruota come un colpo di tosse dopo una sigaretta. Sono stato assunto come spazzino all’età di venti anni e questo ha tragicamente compromesso le mie facoltà mentali. Al teatro ci sono arrivato per caso, sul palco intendo, per defezione altrui. Uno degli attori ebbe una crisi e si ritirò, mi fu chiesto di sostituirlo. L’idea mi piacque. Quel testo l’avevo scritto io, ma la sera del debutto pregai di diventare l’uomo invisibile. Non fui ascoltato ma andò bene.
Ho viaggiato abbastanza da poter convivere con la mia città anche se questo a volte mi preoccupa un po’. Ho fatto quattro anni di teatro nel carcere «Le Sughere» e ancora oggi mi stupisco di esserne uscito fuori. Adesso l’ho capito ciò che voglio. Sogno di svegliarmi sempre poco dopo mezzogiorno e trovare un motivo che mi riporti sotto le coperte.