Enzo Guidi racconta rapito non un momento della storia, complessa e segreta, di Lucca, ma una sorta di rinascimento che va ad unirsi a tutti i momenti in cui la foschia dell’esistere della sua città è stata lambita e ferita dalla luce profondissima dell’essere. Insomma, gli anni Sessanta come totalità di un’evasione possibile al di là delle mura ferrigne che costituiscono il cerchio magico dell’acquario lucchese.
daniele luti
Davvero formidabili quegli anni attorno alla metà dei Sessanta: ancor più di quelli successivi. Il boom economico, il primo avido consumismo, i figli generati dalla fine della guerra che si facevano giovani, le prime vere lotte dell’operaio-massa; e poi la televisione, la musica nuova, i Beatles e i Rolling Stones, il grande cinema italiano (ogni anno un capolavoro di Fellini, Antonioni o Visconti…), la letteratura (i grandi romanzi e la poesia, per lo più americani), la sociologia e i dibattiti civili e appassionati… Era l’incubazione, lo stato nascente del mondo nuovo. Cosa c’è di più affascinante che puntare la lente di ingrandimento su un microcosmo – la Lucca, appartata, oligarchica, conservatrice per storia e vocazione, ma anche soggetta a improvvise fiammate di rivolta e innovazione – e vedere nitidamente come quella piatta palude si trasforma in magma e come questo prende forme diverse, tutte vitali e dinamiche?