Negli anni settanta e ottanta del '900 lo spostamento della prima "sintesi" neodarwinista dallo studio dell'evoluzione degli organismi a quello dell'evoluzione dei comportamenti è uscito dagli originarî ambiti disciplinari della biologia, della zoologia e dell'etologia, per occupare una scena più ampia, sulla quale si sono incontrate anche filosofia e psicologia, antropologia e letteratura, economia e sociologia. Certi tratti del riduzionismo biologico della sociobiologia si sono poi in parte scoloriti e si è in parte dissipata la correlazione della sociobiologia con la crisi di governabilità delle "società complesse". Ma si sono conservati alcuni termini fondamentali di un confronto scientifico e ideale che nel pensiero di Darwin ha il suo luogo fondante. Oggi non è irrealistico pensare che la specie umana possa, a breve termine, prendere nelle sue mani la propria evoluzione biologica; e il cocktail esplosivo di darwinismo e liberismo che si era diffuso tra Otto e Novecento all'ombra della pax britannica – ha scritto recentemente Jürgen Habermas – sembra rinascere sotto il segno di un neo-liberalismo globalizzato. Fedele all'idea che per la filosofia si tratti sempre in primo luogo di analizzare e di comprendere il proprio tempo, Darwinismo morale propone una ricostruzione critica di un aspetto importante della riflessione contemporanea sull'uomo come soggetto morale, dando voce anche a quegli autori che nelle opere di Darwin trovano le ragioni di un pensiero di libertà, di laicità e di responsabilità sociale.