Al genio intuitivo di Diderot si devono le più vivaci anticipazioni del
futuro trattamento poetico della lingua francese. Il philosophe che stava
infatti per confermarsi, con il primo volume dell'Encyclopédie, il
portavoce esemplare dell'«esprit de système» dei Moderni s'imbatte in due
'paradossi' che lo costringono a invertire la rotta. Il primo è che il
modello linguistico del francese sul quale si era costruita l'egemonia
politica e culturale della sua nazione si rivela non essere fondato su un
principio assoluto di chiarezza ma su un ordine acquisito e convenzionale
del pensiero che irretisce in schemi aprioristici le modalità immediate
della percezione individuale. Il secondo è che il paragone stesso con gli
«Anciens» lo induce a riconoscere, in questa stessa Lettre (e contro la sua intenzione di partenza), una innata (e quanto mai moderna) poeticità al loro genio; perciò, la tesi in difesa dei «Modernes» si fa sempre meno
sostenibile. Da questa crisis di metà Settecento che Diderot magistralmente interpreta, scaturisce la maturazione poetica del francese che attesta, malgrado l'influenza riconosciuta dell'idealismo tedesco, una revisione autoctona del fatto linguistico.