Una caratteristica paradossale del lavoro con il paziente tossicodipendente è l’inaccessibilità del soggetto che rimane a lungo inafferrabile emotivamente. Il suo sintomo tossicomanico non è sentito come un disagio mentre è l’allontanamento da esso a causare malessere.
Se partiamo da questa premessa possiamo più facilmente capire perché sia così difficile e faticoso da parte del terapeuta stabilire un’alleanza positiva con questo tipo di paziente e trovare una tecnica clinica adeguata.
In questo progetto di ricerca, a fronte del quesito se esista o meno la categoria diagnostica del tossicomane ci poniamo nell’ottica di leggere la tossicomania nel quadro delle strutture di personalità che possono favorirne l’attivazione.
Vogliamo riflettere sull’ipotesi che ci siano delle strutture di personalità che più di altre possano compulsivamente fare ricorso alle sostanze stupefacenti. Ci riferiamo alle strutture di personalità che in ambito sia psichiatrico che psicoanalitico sono definite borderline.
In questa ricerca vengono presentati un metodo di indagine psicodiagnostica e una tecnica di intervento psicoterapeutico sperimentati in uno specifico programma per pazienti tossicodipendenti.
Per l’operatore-terapeuta il video film diventa un’occasione, unica nel suo genere, per indagare il mondo interno del paziente e l’organizzazione inconscia dei suoi contenuti mentali. Per il paziente è un’opportunità non usuale per entrare in contatto con i propri sentimenti e per mettere in scena affetti e ricordi, violenti e dolorosi, a quella distanza di sicurezza che li rende più tollerabili ed eventualmente pensabili.
Quando la fantasia funziona, tale distanza di sicurezza si configura come uno spazio potenziale all’interno del quale può svilupparsi un reale processo terapeutico.