Felicità e Illusione

Andando alla lettera «F» di qualunque dizionario psicanalitico tra il concetto «Fase» e quello di «Fenomeno funzionale» troviamo un vuoto, una sospensione: ci manca qualcosa. Il concetto mancante, è felicità. Per la psicanalisi non esiste la felicità?
La felicità ha lo statuto dell’Altrove. È come l’acqua, intrattenibile nella mano. Sfugge, imprendibile. Eppure qualcosa è passato tra le dita. Era lì, appena un istante fa. Sembrava a portata di mano. La felicità, per definizione nomade, vagabonda, nella sua effimera eventualità, tocca il cuore stesso della soggettività, senza poterla abitare. Può darsi conciliazione ragionevole tra l’esercizio giubilatorio della vita ed il riconoscimento della precarietà dell’esistenza? È possibile investire qualcosa di così effimero, di così fragile, precario, fatuo? La felicità insomma è illusoria? È paradossale? Constatiamo che, laddove l’illusione diventa concezione del mondo, si pone come garanzia di felicità, promessa salvifica, si sostituisce al lavoro del pensiero paralizzandolo. A noi – si dice nel testo – non resta che scegliere. Ci basta la piccola felicità perversa?
Il Laboratorio di Ricerca Freudiana rilancia l’interrogazione: psicanalisti e filosofi si confrontano in questo volume sul tema della felicità e dell’illusione.