Il Duecento, per Pisa come per molti altri Comuni dell’Italia centro-settentrionale, fu un secolo di profondi rivolgimenti. All’inizio del Trecento la città si trovò con un ceto dirigente dalla fisionomia radicalmente rinnovata e una configurazione istituzionale che poco aveva a che fare con quella dell’età consolare e podestarile. Il libro nasce proprio dall’interesse per questi rapidi processi di cambiamento, e per il rapporto – in quegli anni insolitamente stretto – tra crescita economica, trasformazioni sociali e mutamenti delle strutture politiche. Al centro dello studio è dunque il nesso tra economia, società e politica. L’indagine procede attraverso la ricostruzione delle storie personali e familiari degli uomini che nei decenni centrali del XIII secolo si affacciarono sulla scena cittadina e diedero vita alle organizzazioni di Popolo. Il lavoro prosopografico è stato affiancato dall’analisi delle forme istituzionali nelle quali i protagonisti di questa fase “rivoluzionaria” incanalarono la propria pressione sul sistema politico comunale. È infatti nella traduzione di confuse ambizioni di ascesa sociale in concreta e organizzata azione istituzionale che essi raggiunsero, in quanto gruppo, unità, consapevolezza e riconoscibilità politica: che divennero, insomma, un ceto dirigente.