Il filo conduttore di questo libro è dato dall'esame di alcuni aspetti della memoria letteraria (ciò che con un termine un po' abusato si usa chiamare 'intertestualità') in poeti operanti fra la fine del '400 e la prima metà del '600. Il rapporto fra questi autori e le rispettive 'fonti' si configura in modi sempre diversi a seconda della diversità dei singoli temperamenti, ma anche secondo le varie qualità di quelle fonti e la diversità dei contesti storico-culturali. Si va così dalla ricerca di una auctoritas o di un padre necessari per legittimare il proprio testo (Dante per Pulci), a un rapporto critico con il proprio referente testuale (Tasso e Ariosto), al pressoché totale svincolamento da esso, in una ricerca, talvolta affannosa, del nuovo, dell'inedito, dello stupefacente (Góngora e Marino).