A partire dal 1508, anno della prima edizione pervenutaci dell’Amadís de Gaula di Garci Rodríguez de Montalvo, prende piede nella penisola iberica un singolare fenomeno di moda letteraria che, spalleggiato dalla neonata industria del libro a stampa e favorito dai gusti di un nuovo pubblico, porterà alla pubblicazione di un vasto insieme di opere codificate in un genere che fin dai primi tempi viene riconosciuto con il nome di libros de caballerías.
Nel secondo decennio del Cinquecento i torchi delle stamperie di mezza Spagna stentano a tener testa alla domanda. Pure, i libros de caballerías scaturiscono l’uno dall’altro ad un ritmo frenetico sotto forma di continuazioni ed imitazioni: ai primi quattro libri dell’Amadís seguono immediatamente le Sergas de Esplandián scritte dal medesimo autore e riguardanti le prodezze di Esplandían, figlio di Amadís. È del 1510 il sesto libro, il Florisando di Paéz de Ribera, del 1514 il settimo, Lisuarte de Grecia – il nipote di Amadís – scritto da Feliciano de Silva, del 1526 l’ottavo e così via, fino al 1546, anno in cui a Siviglia, mentre si prepara la dodicesima edizione dei quattro libri di Montalvo, vede la luce la princeps del Silves de la Selva, dodicesimo ed ultimo libro del ciclo amadisiano in Spagna. Il ciclo palmeriniano nasce quasi contemporaneamente: l’anonimo Palmerín de Olivia viene pubblicato a Salamanca nel 1511, seguito dal “figlio” Primaleón del 1512, opera dello stesso autore o autrice. Seguono “a cascata” i cicli del Floriseo (1516), del Clarián (1518), del Lepolemo (1521), eccetera. Senza dilungarci oltre, ci basti osservare come fino alla fine del Cinquecento, in una sorta di binario parallelo all’espansionismo imperiale di Carlo V, la generazione dei libros de caballerías arrivi a contare quasi un’ottantina di opere e sedici diversi cicli pubblicati in svariate edizioni. (dall'introduzione)