Questo studio propone un percorso attraverso le diverse maschere clownesche a cui poeti e scrittori, tra Ottocento e Novecento, hanno affidato la rappresentazione simbolica dell'atto poetico. Se l'estraneità, la diversità esibita, l'appartenenza ad una dimensione altra, codificate allegoricamente dal travestimento, dal costume e dal trucco, sono tratti comuni alle molte figure di poeti-saltimbanchi, la simbologia cromatica e corporea si presta ad interpretare un atteggiamento esistenziale, epistemologico e poetico ogni volta diverso. La presente ricerca individua una differenza sostanziale fra la mitopoiesi ottocentesca e le risimbolizzazioni novecentesche, legate alla scelta da parte del poeta di una maschera tragica o comica, malinconica o carnevalesca, bianca o rossa. In questa genìa di autori 'in maschera' spicca la figura di Aldo Palazzeschi: nella sua produzione poetica la figurazione clownesca si presenta con caratteri di continuità particolarmente insistiti ed originali, facendone un modello di riferimento, non solo nel contesto letterario italiano ma anche nel più vasto orizzonte europeo. Una scrittura, quella dell'autore dell’Incendiario, che, mettendo continuamente in scena se stessa, rinuncia a darsi una regola definitiva, restituendoci la figura di un poeta clown, 'ironista' e 'dilettante', che si diverte a cambiare continuamente la propria maschera e a essere contemporaneamente interprete e spettatore della sua poesia.