Carlo V a Yuste è un uomo che si apparta dalla corte e dal mondo per aspettare la morte nella solitudine e nel raccoglimento della preghiera. Ma è anche un uomo preoccupato per le sorti dei propri regni, ereditati dal giovane Filippo II, ancora poco avvezzo, secondo il padre, alla dissimulazione e alle arti del mascheramento, e troppo esposto al covo di discordie e di agguati che si annida intorno al potere. Nel palazzo che Carlo V ha fatto costruire vicino al monastero dell'ordine di San Gerolamo decide di trascorrere giorni ameni di meditazione e di studio. Continua a tormentarlo, tuttavia, non solo la prossimità della morte e l'incognita della salvezza eterna, particolarmente problematica per un re, quanto l'esigenza di sorvegliare gli affari di stato con occhio vigile e fermo, pur consapevole di essere soltanto un'ombra sul palcoscenico della politica. La decadenza fisica e la malattia sono le piaghe di un tormento non minore, anche se lenito dalla presenza di una corte in miniatura che, nell'assisterlo e compiacerlo costantemente, replica i fasti di una gloria terrena che sta ormai vivendo il suo tramonto.