Le novità celesti svelate dalle osservazioni telescopiche e la rivendicazione di un metodo autonomo con il quale far avanzare la ricerca scientifica inaugurano nel secolo di Galileo un vivace dibattito che obbliga i saperi storici e letterari a riconsiderare il loro rapporto con l'altra cultura, quella delle matematiche e della filosofia naturale. Grazie al prezioso contributo degli accademici lincei, anche Galileo comprende ben presto, tuttavia, come i destini di un libro di scienza possono dipendere dalle opzioni di genere e dalle soluzioni retoriche in esso adottate. Questo volume tenta di mostrare, da un lato, il sostrato letterario operante nella prassi linguistica e stilistica degli scritti galileiani; dall'altro, come, probabilmente anche in virtù di tali scelte comunicative, gli acquisti fondamentali della nuova scienza divengano lungo i decenni centrali del Seicento dati culturali ineludibili anche per l'uomo di lettere.
Eraldo Bellini è professore ordinario di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica di Milano. Le sue ricerche si muovono in un arco cronologico che va dal Sei al Novecento, con particolare attenzione al rapporto tra letteratura e scienza nell'età di Galileo, alle questioni teoriche legate al dibattito tra letteratura e storiografia, a Silvio Pellico e il romanticismo milanese di primo Ottocento ed alla formazione letteraria di Italo Calvino. Tra i suoi scritti si ricordano: Studi su Ardengo Soffici (Milano 1987); Il vero e il falso dei poeti, (Milano 1990, con Claudio Scarpati); Umanisti e Lincei (Padova 1997); Agostino Mascardi tra 'ars poetica' e 'ars historica' (Milano 2002).