La giustizia come equità non è solo una teoria - quella proposta da J. Rawis già da alcuni decenni - ma è anche una provocazione, un bisogno, una richiesta diffusa, sebbene in gran parte disattesa, in un mondo segnato da profonde contraddizioni, nel quale povertà e ricchezza nelle loro espressioni estreme generano contrasti moralmente insopportabili (A. Sen). La riflessività particolarmente attiva nell'ambito delle scienze umane e sociali risale facilmente alle radici del "malessere della società" che risiedono in una democrazia incompiuta, nella storica difficoltà dei valori di libertà e di giustizia sociale a coniugarsi con una economia dominata dal fondamentalismo dei mercato (Soros, Stiglitz, Beck, Gallino). Al tempo stesso, il ritorno a Kant, in particolare ad alcune istanze della sua filosofia politica (Habermas) e il rilievo che viene dato a segni tangibili ancorché sparsi e frammentati di nuove e più urgenti aneliti di pianetarizzazione (Morin) interpretabili come inarrestabili tendenze empatiche (Rifkin), in grado di approdare ad una nuova e più avanzata forma di civiltà, si impongono come un forte controargomento alle tesi di conflittualità religiosa (Huntington). In un contesto così problematico e chiaramente in progress, è del tutto evidente che l'educazione è chiamata a svolgere una funzione essenziale, non subordinata alla tendenza economicista che ha già inquinato il suo linguaggio con l'innesto forzato di categorie estranee alla sua teoresi. Sembra invece imporsi un impegno a ripensare le sue finalità in termini universalistici, esaltando nei giovani la coscienza collaborativa, il senso di appartenenza, il bisogno di emancipazione, l'impegno a costruire - con il proprio apporto personale - un mondo più giusto e senza frontiere.
Nando Filograsso è professore emerito di Pedagogia generale dell'Università di Urbino. Ha al suo attivo monografie su Claparède, Piaget, Dewey, Gardner, oltre a studi di psicopedagogia contemporanea.