Nell'immaginario collettivo non vi è alcun dubbio che il luogo più amato, più frequentato, più conosciuto, anche al turista che quasi per caso passa per la città di Livorno, è il lungomare: quel fronte con il mare che dai margini della città dei borghi cresciuti all'inizio dell'Ottocento si svolge per non meno di sei chilometri lungo la costa. Una prova ci viene dalle accese polemiche che in questi anni hanno accompagnato le trasformazioni che almeno in parte hanno modificato la fisionomia del lungomare dalle teoria di palme che oggi accompagna il primo tratto del passeggio, messe a dimora in sostituzione delle più tradizionali tamerici, timido omaggio ad una tradizione mediterranea che guardava all'Oriente.
E perché non ricordare le invettive che ancora oggi, per quanto più saltuariamente, occupano le pagine dei quotidiani cittadini sulle nuove "baracchine" (strano nome, a ben vedere, leggermente dispregiativo, quasi a significare costruzione provvisorie e di risulta): costruzioni, quest'ultime, forse troppo minimaliste che immediatamente, e non a caso, sono state letteralmente inondate di ogni possibile orpello, una maniera per nascondere trasparenze e geometrie di un'architettura che pure ha resistito al disordine crescente.
La storia del lungomare è, come dimostra anche questo numero della rivista, storia di segni architettonici, alcuni realizzati, altri rimasti solo sulla carta, che hanno negli anni invaso questa lunga striscia di terra che fronteggia il mare.
E certo, della centralità del lungomare, era ben consapevole Costanzo Ciano, che volle dare il suo nome al grande piazzale gettato sulla Spianata dei Cavalleggeri, dove ancora agli inizi del Novecento risplendeva con tutte le sue curiosità un grande parco dei divertimenti, trascrizione di una metafisica Piazza d'Italia sul mare.
Vi è poi il lungomare di sapore Belle Epoque, con i suoi bagni a ridosso della città e il Palace Hotel, la cui imponente mole richiama le monumentali strutture alberghiere delle fine dell'Ottocento, palcoscenici per le nuove pratiche della villeggiatura.
Non stupisce quindi che si potesse immaginare la creazione di un Casinò, un ponte abitato proteso sul mare, o ancora una nuova città-giardino ad Ardenza, dove già alla metà dell'Ottocento nascevano i casini di Ardenza, una nuova tipologia di residenza per le vacanze. Come non parlare allora di quelle pratiche quotidianità che ancora oggi vedono l'affollarsi del lungomare di giovani, di famiglie, di persone che qui cercano una rinnovata socialità.
Nel 1950 Osvaldo Peruzzi dipingeva una giovane bagnante con colori squillanti, circondata da un paesaggio balneare altrettanto squillante, metafora di una città che sperava nella ricostruzione, una ricostruzione che appare assai attuale anche nella Livorno dell'oggi.
Dario Matteoni