Questo volume è nato in un periodo in cui la crisi istituzionale delle aree protette, pur manifesta e progressiva, non aveva ancora raggiunto la depressione attuale, che si auspica rappresenti il vertice più basso e il punto di non ritorno.
I diversi contributi non sono tra loro necessariamente collegati in modo organico, ma sono utili a delineare uno scenario complesso e articolato con le molteplici sensibilità che caratterizzano un territorio poco omogeneo e con diverse identità e storie, tutte interessanti e raramente riconducibili a fattori comuni.
Pur scritti in tempi differenti e in situazioni contingenti determinate da motivazioni che ora potrebbero essere state modificate da una realtà in continua evoluzione, essi offrono una panoramica di luci (molte) e ombre (non mancano, certamente) delle quali si dovrebbe far tesoro per evitare il ripetersi di errori e incongruenze. Molte persone, spesso a titolo di volontariato, hanno contribuito a creare, di fatto, un sistema, ancorché non riconosciuto dai responsabili delle politiche ambientali e territoriali. Vale anche per essi l'invito a riflettere sul valore dei beni comuni, sul significato di risorse naturalistiche e paesaggistiche uniche e non alienabili. Nel panorama delle aree protette alpine (la dimensione transfrontaliera è essenziale e, di fatto, già operativa), l'autoreferenzialità è solo marginale e localizzata e prevalgono nettamente le collaborazioni disinteressate.
Vero è che senza risorse economiche è molto difficile lanciare programmi seri e conseguire risultati eccellenti, ma il capitale umano è assai più importante e decisivo, qualora non venga estromesso o posto in condizione di non poter lavorare. I passaggi culturali richiedono molti anni a concretizzarsi, ma dobbiamo tutti avere fiducia che il buon seme, magari non subito come si auspicherebbe, troverà certamente il terreno fertile sul quale germinare e produrre frutto.