La coscienza di Zeno non è la storia di una psicoanalisi più o meno riuscita: è il resoconto di una rivelazione metafisica. Zeno ritiene che la sua infelicità sia una malattia, dunque che sia curabile; per curarla si rivolge ad uno psicoanalista. Il dottor S., pensando di applicare i principii della teoria freudiana, spinge il suo paziente a ricordare la propria vita passata. Senza saperlo, spinge così Zeno a conoscersi e a riconoscersi: come, prima di Freud, aveva intuito Schopenhauer, "il primo che seppe di noi", secondo lo stesso Svevo. E Schopenhauer indica, nel Fondamento della morale, il procedimento che conduce Zeno alla 'guarigione': "La memoria, sempre più ricca, delle azioni significative in questo riguardo viene completando sempre più il quadro del nostro carattere, la vera conoscenza di noi stessi". E ancora: "La conoscenza di noi stessi che va sempre più completandosi, il verbale delle azioni che sempre più si riempie è la coscienza". In questo passo abbiamo la spiegazione più esauriente del titolo – linearmente, benché cripticamente, descrittivo – del terzo e maggiore romanzo di Italo Svevo.
Luca Curti insegna Letteratura italiana nell'Università di Pisa. Si è occupato – oltre che di Svevo – di Dante, Folengo, Parini, Carducci; di storia filologico-letteraria dell'Ottocento; di teoria del comico. E' condirettore della "Nuova rivista di letteratura italiana".