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L’orbita ‘poetica’ di Giuseppe Savoca ruota attorno a diversi fuochi. Il suo ritratto di filologo, lessicografo e critico a tutto tondo prende le mosse dagli anni trascorsi accanto a Carlo Muscetta, con l’esemplare edizione einaudiana della Crestomazia poetica leopardiana; si snoda poi (coerentemente) con i decisivi sondaggi laterziani su Parini e sulla poesia del Settecento; si mostra sensibile per un verso ai nuovi fermenti culturali – Savoca è uno specialista di primordine del sapere psicoanalitico e della sua applicazione in termini di teoria retorico-letteraria (si pensi all’Introduzione allo studio della metafora) –, per l’altro alle nuove risorse della scienza informatica e filologico-linguistica: i suoi numerosissimi progetti di ricerca e la sua Collana di «Strumenti di Lessicografia Letteraria» presso Olschki lo hanno consacrato nel tempo quale autorità indiscussa in Computer and Humanities; il suo discorso critico si è allargato nei decenni a tutta la lirica otto-novecentesca (pensiamo solo alla dedizione inesausta a Leopardi o a Ungaretti), mentre la sua passione filologica ha raggiunto il proprio culmine con la fondamentale edizione critica del Canzoniere di Petrarca (già tradotta in francese e in corso di edizione inglese). Eppure, a chi lo ha conosciuto da vicino, a chi ha ascoltato le sue lezioni, resta, crediamo, la sensazione forte che, qualora se ne dovesse dire uno solo, sia Eugenio Montale in fin dei conti il ‘suo’ poeta. E al Montale di Tempi di Bellosguardo ci rivolgiamo per intitolargli un omaggio che è insieme un pensiero grato e affettuoso.