Nel torno di anni che vanno dalla primavera del 1794 all’estate del 1799, la fondamentale connessione che Fichte istituisce fra il proprio pensiero e quello di Kant gli permette di scoprire, e di esporre articolatamente, il tema della praticità della ragione, a suo avviso da Kant non adeguatamente sviluppato. Questa la chiave di lettura per inquadrare coerentemente la fase della produzione fichteana racchiusa entro lo spazio della dottrina della scienza di Jena.
Fichte non intende estendere l’ambito del sapere filosofico, bensì fondarlo; in tal senso la sua filosofia si caratterizza come una scienza di principi. La dottrina della scienza rinviene il principio del sapere in un atto che è, insieme, teoretico e pratico. Tale carattere ‘pratico’ del sapere designa quella attività strutturale per cui l’io istituisce ed organizza la realtà. Secondo Fichte non si dà difatti principio se non in quanto indicante una spontaneità, un libero agire. Esso si presenta come quella unità trascendentale configurantesi come un agire autoriflessivo, tale per cui la coscienza non viene intesa come una pura e semplice datità, bensì come un agire (libero) che al tempo stesso è capace di riguardare se stesso.
La libertà in quanto si propone dei fini: ecco il sapere teoretico-pratico che è proprio della dottrina della scienza. Questa, sostiene Fichte, è prodotto della nostra stessa libertà; e ciò avviene praticamente, in quanto la libertà opera secondo una determinata direzione. Il presente studio intende mostrare la coerenza di tale assunto, a partire da una lettura degli scritti sulla dottrina della scienza risalenti al periodo jenese, fra i più significativi dell’intera produzione scientifica di Fichte.
Fichte. L’intelligenza è per l’idealismo un agire e assolutamente nient’altro; non dev’essere chiamata un qualcosa di attivo, perché con questa espressione sarebbe indicato qualcosa di consistente al quale appartiene l’attività […]. Nella misura in cui l’idealismo compie questa presupposizione delle leggi necessarie dell’intelligenza, unica presupposizione razionalmente determinata e davvero esplicativa, si chiama critico o anche trascendentale.