Il 27 maggio 1866, Tito Strocchi partì da Lucca per raggiungere il luogo di raccolta di Barletta dove venivano arruolati parte dei volontari del Centro Italia ansiosi di combattere a fianco di Garibaldi per la liberazione di Venezia. Era la prima volta che il giovane si allontanava da casa e dalla sua città, Lucca. Durante una sosta del “vapore”, a Firenze, Tito acquistò un taccuino dove annotò impressioni di viaggio, poesie e pensieri di quell’esperienza straordinaria. A queste pagine confessò anche la delusione per la sua scarsa fortuna di combattente, perché la sua compagnia - destinata a presidiare il territorio sovrastante il lago di Garda - non si scontrò mai con gli austriaci.
Alle medesime rivelò, senza mai rinnegare le proprie scelte, il dolore, che era quello di tutti i volontari, per dovere abbandonare i territori conquistati col sacrificio di tanti compagni e per l’umiliante concessione di Venezia all’Italia tramite l’intermediazione della Francia.
L’importanza del diario di Tito consiste proprio nel riflettere lo spirito ingenuo e generoso di un ragazzo – aveva allora venti anni - alla sua prima esperienza di soldato. Il suo libretto, come tante altre memorie garibaldine di allora, si inserisce in quella tradizione letteraria in “camicia rossa” che rappresenta uno degli aspetti particolari e più interessanti della scrittura italiana dell’Ottocento. Testimonia anche cosa, allora, significasse essere giovani, quali fossero le battaglie ideali e l’impegno civile di una generazione che, al di là di ogni semplicistica generalizzazione, ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione di un progetto collettivo che aveva come obiettivo la realizzazione di un futuro migliore sotto un’unica bandiera italiana.
Da quella esperienza Tito Strocchi, sebbene umiliato nelle sue aspettative di soldato, uscì sicuramente più forte, maturando, fra le montagne del Tirolo o nelle lunghe marce sopra il lago di Garda, la sua fede fervente negli ideali repubblicani e nella forza trascinatrice di Garibaldi che lo accompagnerà per il resto della vita. Allora era giovane, sognatore, indisciplinato come tanti suoi compagni, orgoglioso della propria camicia rossa. Ritornato a casa, tutto cambierà, ma il suo cuore resterà sempre legato ai ricordi di quella prima esperienza e a quel taccuino da cui non si separò neppure quando, nel 1870, andò a combattere per la libertà della repubblica francese, nell’esercito dei Vosgi, ancora sotto il comando di Garibaldi.
Carla Sodini è Professore associato presso il dipartimento SAGAS di Firenze, insegna storia militare alla Scuola di Scienze Politiche “C. Alfieri” e storia moderna presso il DAMS di Firenze.