«L’uomo è – costitutivamente – risposta che precede ogni domanda e domanda che sempre interpella quella risposta»: questo sembra essere il testimone – o meglio uno dei testimoni – di questo libro. E tale risposta consiste nella manifestazione originaria della verità.
Ma da quale domanda prende le mosse la ricerca filosofica svolta nel volume? Dalla domanda delle domande: da quella che riguarda il fondamento assoluto del reale, l’Assoluto, Dio. Tale domanda è implicata nella “situazione” che caratterizza l’esserci umano ed è presentata nel libro riecheggiando le parole di Heidegger: per l’uomo «il donde e il dove restano nascosti».
Il libro vuole dimostrare come quella domanda abbia già da sempre una risposta che è in perenne attesa di essere ascoltata: il «donde e il dove dell’uomo» non è il nulla, ma è ciò che chiamiamo “Dio”. Il pensiero metafisico, il pensiero nella sua estensione massima, è l’apparire di Dio, anzi di “Chi” è Dio.
Se l’apparire di Dio è la risposta che da sempre attende di essere ascoltata, allora è possibile giustificare due posizioni solo apparentemente inconciliabili: da un lato che si possa parlare di una “metafisica originaria”; dall’altro che l’uomo sia un “colloquio” tra la risposta originaria e le domande ulteriori: quelle domande che sempre più gli permettono di “conoscere se stesso”.
Weischedel. Il mistero precede l’interrogare radicale, è quello che lo rende possibile.
Non ci sarebbe interrogare radicale se non ci fosse, a sollecitarlo, il mistero. Ma è lecito andar oltre e a attribuire al “mistero” anche – e non metaforicamente – il nome di Dio?
Weischedel. Interrogando per penetrare il mistero del da-dove, l’uomo interroga se stesso. Così l’uomo che si comporta in modo filosofico-teologico può intendere se stesso come il linguaggio di Dio. Questa è la sua estrema possibilità umana.