Quando ebbe l’idea di scrivere Il castello dei destini incrociati, nel luglio del 1968, Italo Calvino aveva appena impresso una svolta alla propria carriera. Con il recente trasferimento nella Parigi di Raymond Queneau e dell’Oulipo, l’autore era approdato nei territori della letteratura combinatoria, confermando quel cambio di rotta in senso scientifico che fin dalle Cosmicomiche gli aveva alienato i favori di numerosi intellettuali, legati a un’idea tradizionale di engagement. Con il presente saggio, Davide Savio ricompone la frattura che sembra intercorrere tra il primo e il secondo Calvino, riconducendo Il castello entro la ragnatela di iniziative che lo scrittore era impegnato a tessere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta: dalla stesura delle Città invisibili alle discussioni intorno alla progettata rivista «Alì Babà», dall’approfondimento dell’utopista Charles Fourier alla traduzione dei Fiori blu di Queneau. Collocato in una fase di ripensamento dei valori e delle prospettive, Il castello si dimostra una tappa nevralgica della riflessione calviniana sulla convivenza, nonché sul ruolo che all’intellettuale, nel pieno della modernità, è ancora concesso di recitare. Viene così rinnovata quella sfida al labirinto che, lanciata dalle colonne del «menabò», aveva trasformato Calvino nel cartografo di un mondo in apparenza refrattario all’ordine e alla ragione, eppure ancora capace di condensarsi in figure, immagini ed emblemi di respiro universale.
Davide Savio (Brescia 1985) è Dottore di ricerca in Studi Umanistici e collabora con il Centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia unita”, diretto da Giuseppe Langella presso l’Università Cattolica di Milano. Ha pubblicato la monografia Il carnevale dei morti. Sconciature e danze macabre nella narrativa di Luigi Pirandello (Interlinea, Novara 2013) e curato, assieme a Paola Baioni, il volume Mario Luzi. Un viaggio terrestre e celeste (Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2014).