Due ragioni costringono oggi il filosofo a interrogarsi sulla pornografia. La prima è la rete, lo spazio virtuale nel quale il consumo pornografico è divenuto un fenomeno dilagante. La seconda è la fenomenologia, che ha posto con la massima radicalità possibile la domanda su cosa significhi guardare, facendone un metodo filosofico: un metodo che consiste nell’interrogare la realtà a partire da quel che si mostra.
Si dirà che un conto è il fenomeno normale, un conto quello osceno. E un conto è toccare, accarezzare, abbracciare il corpo di carne di un altro, un conto guardare prestazioni sessuali di estranei, collocati in uno spazio “quasi” reale. Distinzioni ovvie, certo. Non sarebbe però la prima volta che l’ovvio diventa un po’ meno tale sotto la luce strana e lo sguardo straniante della filosofia.
Stefano Bancalari insegna Filosofia della religione alla Sapienza Università di Roma. Si occupa del pensiero fenomenologico contemporaneo ed è autore di lavori su Husserl, Heidegger, Scheler, Fink, Levinas, Marion. Ha curato l’edizione italiana delle opere filosofico-religiose di Rudolf Otto.