Il diavolo parla per lo più una sua lingua chiamata Borbogliodipancia, che inventa lui stesso mentre cammina, ma quando è molto arrabbiato è in grado di parlare molto bene un pessimo francese, benché qualcuno, avendolo sentito, affermi che abbia uno spiccato accento dublinese.
Questa piccola fiaba “mefistofelica” fu scritta da Joyce nonno per il nipotino Stephen nel 1936 in forma di lettera. Viene ripresentata qui nell’elegante traduzione di Franco Marucci, accompagnata dai collages di Cristiano Coppi. Gemella de I gatti di Copenhagen, scritta anch’essa per il nipote nello stesso anno, questa lettera fantastica e surreale ci mostra un’altra faccia di uno scrittore camaleontico e polifonico, un Joyce che, in temporanea vacanza dall’ermetismo di Finnegans Wake, ritroviamo a giocare con il piccolo Stephen e il suo linguaggio.