Questo saggio ricostruisce il progetto sveviano dal quale deriva la figura del protagonista, Alfonso Nitti: una proiezione autobiografica deformata, perché mutilata ‘sperimentalmente’ di una componente essenziale della personalità di Svevo-Schmitz, ossia della filosofia di Schopenhauer. Privo della «luce» di quella filosofia Alfonso Nitti attraversa momenti cruciali dell’etica pessimistica (un trattato sulla morale, la rinuncia alle passioni, il duello) fallendo immancabilmente le sue scelte: fino a cercare la ‘liberazione’ nel suicidio.
Una lettura così orientata del testo sveviano comporta una valutazione completamente rinnovata del contesto filosofico, culturale e ideologico in cui collocare Una Vita (che apparve invece a Montale come impossibile da «inserire esattamente [...] nel quadro del suo tempo»); delle sue fonti, soprattutto La gioia di vivere di Zola e la Malattia del secolo di Nordau; della saldatura operata, nel progetto sveviano, tra il pessimismo schopenhaueriano e il Romanzo sperimentale di Zola. E impone anche, assieme ad un riesame dell’‘ebraismo’ sveviano, la rinuncia alla categoria critica dell’‘inettitudine’.
Luca Curti insegna Letteratura italiana nell’Università di Pisa. Si è occupato – oltre che di Svevo – di Dante, Folengo, Parini, Carducci; di storia filologico-letteraria dell’Ottocento; di teoria del comico. È condirettore della «Nuova rivista di letteratura italiana».