L’esperienza e il ricordo scioccanti delle guerre civili confessionali, che irrorarono di sangue l’Europa cinque-seicentesca, spinsero, anzi costrinsero non pochi studiosi a interrogarsi circa i rapporti e la possibilità di una ricomposizione armonica tra gli imperativi della fede, i precetti morali che ne derivano e le ragioni dello Stato. Si tratta di un interrogativo a cui gli scrittori della Controriforma diedero una risposta inequivocabile e pressoché univoca: soltanto il ritorno, sotto l’egida del papato, all’unità religiosa frantumata dalla Riforma può garantire la concordia civile e la perduranza del potere politico. Alla milizia intellettuale della Controriforma appartenne anche Tommaso Campanella. La sua riflessione politica, se da un lato è ricca di elementi peculiari che la rendono inassimilabile ai più comuni atteggiamenti controversistici, dall’altro lato condivide con essi l’idea che i sudditi siano obbedienti e disciplinati nella misura in cui sono uniti al sovrano dallo stesso vincolo religioso, grazie al quale il vivere associato si trasforma in una totalità organica.
Alessio Panichi ha conseguito il titolo di dottore di ricerca nel 2009, presso l’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento (Firenze). Da allora la sua attività di studio si è svolta tra l’Italia e la Germania, dove al momento risiede e lavora in qualità di borsista della Johannes a Lasco Bibliothek (Emden). Dopo aver studiato la filosofia di Giordano Bruno, oggetto delle sue tesi di laurea e dottorato, Panichi ha focalizzato l’attenzione sul pensiero di Tommaso Campanella, Kaspar Schoppe e Norberto Bobbio, ai quali ha dedicato saggi e note critiche. La sua ricerca verte attualmente sulla polemica antiprotestante di Campanella e sulla ricezione dei suoi scritti nella Germania seicentesca.