Il colore mantiene sempre un certo grado di inafferrabilità. Nonostante i tentativi di definirlo, misurarlo, studiarne la fisiologia e la percezione, esso non cessa di apparire come un oggetto scientificamente e culturalmente sfuggente. Il colore sembra possedere una qualità prelogica e precosciente, sembra avere un impatto diretto sui nostri sensi e sul nostro corpo. È una grande questione che ha attraversato la modernità e continua ad attrarci, da Goethe a Wittgenstein, dalla cromoterapia al cognitivismo. Nell’ambito del cinema, delle arti applicate, del design, della pubblicità, il colore ha sempre interessato per il potere di catturare l’attenzione o di distrarla, di rendere più visibili gli oggetti e i segni ma anche di occultarli e mimetizzarli, di indurre, infine, stati emotivi e reazioni corporee. Questo libro ricostruisce la rete intricata dei rapporti tra tecnologie e culture del colore nel cinema italiano, tracciandone una storia archeologica a partire degli anni Trenta sino al caso paradigmatico de Il deserto rosso.
Federico Pierotti insegna Storia del cinema all’Università di Firenze. È Associate Research Scholar presso l’Italian Academy della Columbia University di New York per l’anno accademico 2015-2016, con un progetto sull’impatto emozionale del colore nel cinema contemporaneo. È autore della monografia La seduzione dello spettro. Storia e cultura del colore nel cinema (Le Mani, 2012), che affronta il tema del colore come questione centrale per la cultura visuale dei media moderni. Ha pubblicato saggi in diverse riviste e ha partecipato a seminari e convegni internazionali su Film, Media e Color Studies.